
“Quando al Papa ho detto che la mia lettera era stata letta in diverse parrocchie è rimasto sorpreso e ha iniziato a borbottare qualcosa. Che tipo”.
Ciao Giacomo, di recente sei stato protagonista durante un paio di eventi di grande attualità. Prima l’incontro con il Papa e poi i Fridays For Future a Milano con Greta. Come è stato incontrare il Papa? Che tipo è? Cosa vi siete detti?
L’incontro col Papa è nato da un invito arrivato dall’associazione EarthDay al nostro ufficio stampa. Ci hanno informato che il Papa avrebbe ricevuto diverse realtà giovanili e che anche noi avremmo potuto partecipare con un delegato. Ho subito dato la mia disponibilità ed è stata accettata da tutti. Come Fridays di Forlì, nelle settimane prima dello Sciopero Globale del 24 settembre, abbiamo fatto un grande lavoro diplomatico con diverse realtà locali, tra cui anche la Chiesa. Ricordo la lettura della Lettera agli adulti a Messa la domenica, oppure l’affissione dello striscione “Uniti per il clima” da 20 metri sulla facciata del campanile principale della città. Tutto ciò ha concorso all’identificare me come “papabile”. L’incontro con Papa Francesco è stato il giorno dopo lo Sciopero Globale per il Clima, il 25 settembre al mattino, nella Sala Clementina accanto a San Pietro. Quando sono arrivato in piazza con lo zainetto ho visto tutte quelle persone presenti, turisti e fedeli e ho pensato: “Ok, ora vado a parlare col Papa”. Ci hanno fatto aspettare oltre un’ora perché il Pontefice aveva una diretta televisiva, ma credo che avrei aspettato volentieri un’altra ora, se non fosse che durante quel tempo i pensieri hanno avuto campo libero per fare confusione in testa. Quando è arrivato da me, la tensione dell’attesa è scomparsa di botto e l’ho visto come un nonno, giusto circondato da tre o quattro guardie del corpo. La prima cosa che ho notato è un affaticamento impossibile da mascherare e anche molto comprensibile, erano ormai le 12.30 e tutta la mattina era stato a parlare con altre persone. Appunto per questo, però, mi ha colpito la sua contentezza, palpabile, nel vedere dei giovani. Era stanco, ma contento di riceverci e si vedeva dal sorriso e dai modi gentili e pazienti.

Qualcuno chiedeva di scambiare due parole, alcuni una stretta di mano e un saluto, altri gli hanno consegnato dei pensieri o dei libri. Arrivato il mio turno, ho notato che era piuttosto alto, ci siamo stretti la mano e mi sono presentato come attivista di Fridays For Future Italia, il movimento per il clima che il giorno prima aveva portato in piazza centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo: lui ha annuito e ho capito che ci conosceva già. Mi ha chiesto cosa avessi nelle mani e gli ho parlato della “Lettera agli adulti”, un testo scritto a nome di Fridays For Future Italia per invitare all’unità tra generazioni e una richiesta di aiuto a chi oggi ha ruoli di potere e responsabilità. Ruoli che non sono soltanto quelli dei politici o dei grandi dirigenti, ma anche la professoressa, il poliziotto, il maestro di scuola, la dipendente pubblica, il commerciante, la pensionata. Insomma, il mondo degli adulti che OGGI deve prendere le decisioni più importanti per il presente e il futuro dell’umanità. Il Papa ha ascoltato e quando gli ho detto che la stessa lettera era stata letta in diverse parrocchie, è rimasto visibilmente sorpreso (ha borbottato qualcosa che non ricordo). Gli ho chiesto di usare il suo ruolo globale e di fare sua quella lettera, leggendola in occasione della COP26 di Glasgow, a cui è stato invitato (e a cui forse parteciperò), oppure in un incontro pubblico precedente, per mandare un messaggio agli adulti del mondo. Prima di salutarci, gli ho voluto chiedere una foto insieme e lui ha accettato di buon grado. Mi ha detto: “Però fai presto, che arriva la polizia” e infatti il suo staff non era molto contento dato che ci siamo avvicinati molto. Il tutto è durato poco, un minuto circa, ma è sembrato molto di più. Dopo l’incontro, il Papa si è messo di fronte a noi e ci ha sventolato di fronte una maglietta con un’immagine ben nota a tutti: la scimmia che diventa homo sapiens, negli stadi dell’evoluzione, da curva a sempre più eretta, fino all’ultimo stadio, quello attuale, in cui l’uomo è curvo su un tablet. Ci ha detto: “Vedete l’uomo? Dovete tirarlo su, sta a voi. Si dice che siete il futuro, ma in queste cose siete il presente, siete quelli che stanno costruendo oggi, nel presente, il futuro. Le soluzioni tecniche e politiche non sono sufficienti se non sono sostenute dalla responsabilità di ogni membro e da un processo educativo che favorisca un modello culturale di sviluppo e di sostenibilità incentrato sulla fraternità e sull’alleanza tra l’essere umano e l’ambiente”
E poi, alzando la voce: “Mi raccomando, fate chiasso. Fatevi sentire, fate chiasso”. L’ho preso come un invito diretto al movimento per il clima di cui faccio parte. Il nostro ruolo è prima di tutto quello di stimolare un dibattito e fare rumore riguardo alla crisi climatica. Le proposte possiamo farle e le abbiamo, ma il nostro primo compito è far sì che la crisi climatica sia una priorità nell’agenda dei governi e un pensiero ricorrente per i cittadini. Solo così sarà possibile un’azione seria per risolvere questa crisi.

Potresti raccontarci del tuo impegno nei FFF? Quando hai iniziato? Come mai? Come sta andando? Come è andata a Milano?
Il mio impegno in Fridays nasce ad inizio 2019, quando di ritorno dall’Erasmus sento parlare di Greta Thunberg. Di conseguenza mi inizio ad interessare all’argomento “clima” e scopro che è un disastro. Ovviamente sapevo cosa fosse l’effetto serra o il riscaldamento globale, ma in maniera molto blanda e assolutamente non allarmistica. E’ stata una vera e propria doccia fredda e da lì ho pensato: anche a Forlì bisogna fare qualcosa. Ho cercato sui social se ci fossero già gruppi locali di Fridays e ho trovato solo quello di Cesena, appena formato da una ragazza che voleva crearne uno romagnolo. Ci siamo sentiti e abbiamo organizzato un incontro per iniziare ad organizzare qualcosa per il primo Sciopero Globale per il Clima del successivo 15 marzo, incontro al quale hanno partecipato altre quattro persone da Forlì e altri da Rimini. Lì abbiamo deciso di tentare di organizzarci in modo autonomo città per città, una bella sfida. Da lì a pochi giorni abbiamo creato la pagina Facebook e fatto la prima riunione a cui si sono uniti diversi studenti universitari e delle superiori e poi è stato un crescendo. Il 15 marzo eravamo oltre 3500 a Forlì e milioni nel mondo. Il gruppo si è espanso, ha iniziato a pensare a nuove attività e iniziative. E’ stato tutto in divenire, a livello nazionale ci coordinavamo su gruppi Whatsapp con referenti per ogni città, in modo orizzontale. Le uniche regole: apartitici e nonviolenti, sul resto massima libertà. Cosa mi motiva? Per quanto mi riguarda, credo che quella climatica sia la sfida del secolo e voglio farne parte in modo attivo. Non voglio stare a guardare qualcuno che lo faccia al mio posto e non voglio nemmeno ignorarla, perché è scientificamente certo che in qualche modo mi ritroverei comunque un problema più grosso e irrisolvibile in futuro, pentendomene. La scienza ci dice che il momento per agire non è ora, ma sarebbe stato anni fa, decenni fa. ORA è il momento migliore che abbiamo semplicemente perché non c’è altro tempo da perdere e siamo già in ritardo, lo vediamo ormai con i nostri occhi. Possiamo ancora evitare le conseguenze peggiori della crisi cimatica e nel farlo possiamo cogliere l’occasione per creare una società migliore e più vivibile, ma possiamo anche semplicemente essere coloro che si rimboccarono le maniche in uno dei momenti storici più critici dell’umanità, diventandone protagonisti. Come motivazione non mi pare niente male.
A Forlì nel corso di questi due anni e mezzo abbiamo organizzato incontri pubblici e privati con i vari esponenti politici e i candidati alle elezioni comunali. Sono state fatte conferenze con esperti e scienziati e manifestazioni in piazza ogni singolo venerdì per oltre un anno, con cartelli e striscioni. Volantinaggi, dialogo continuo, conferenze stampa, azioni dimostrative e teatrali, cortei in bicicletta, incontri pubblici su tematiche specifiche (mobilità pubblica, rifiuti e inceneritore, ecc..). Abbiamo collaborato con professori universitari e siamo entrati nelle scuole superiori, medie ed elementari. Abbiamo tenuto duro durante la pandemia, anche se a fatica, organizzando riunioni ed eventi a distanza, manifestando online con mailbombing e altre modalità telematiche per non far spegnere la fiammella dell’attenzione sulla crisi climatica in quel periodo. Abbiamo organizzato un webinar con Vincenzo Balzani e Roberto Mercadini a cui hanno partecipato oltre 20.000 persone da tutte le scuole della città e da altre parti d’Italia. Abbiamo riempito Piazza Saffi con oltre 2000 paia di scarpe, simulando le persone che non potevano assembrarsi per via del Covid e lanciando un segnale alla città che si apprestava ad uscire dalla fase più buia della pandemia. Oggi siamo ancora qui perché la crisi climatica è ancora qui e continueremo ad esserci finchè non avremo ciò che serve per affrontarla: consapevolezza popolare e volontà poitica. Attualmente, dopo l’ultimo Sciopero Globale del 24 settembre, stiamo ripartendo con le attività e ci sono diversi nuovi arrivati, soprattutto universitari. Ci riuniamo mediamente una volta a settimana e abbiamo in programma diverse iniziative!
A Milano è andata molto bene, c’era tantissima gente e abbiamo davvero fatto rumore in occasione della PreCOP sul clima, tenendo alta l’attenzione e facendo vedere alla politica e alla cittadinanza che il problema c’è, le persone che vogliono affrontarlo ci sono, e che la storia deve andare in quella direzione. In corteo con noi c’era anche Greta, da cui è partito tutto. Nel tempo possiamo dire che il movimento ha imparato a correre sulle proprie gambe, ma è innegabile che lei sia ancora uno dei punti di riferimento.

Tu sei ancora iscritto al SID (magistrale). E sei laureato al SID triennale. Quanto è stato ed importante il SID per te?
Bella domanda. Il SID è stato importantissimo per me come persona ed è una cosa che dicevo già ai miei compagni del primo anno di triennale. Non sto esagerando, mi ha dato davvero tanto. Si dice a volte che chi esce da qui non sia “né carne né pesce”, e forse è vero. Siamo un “mare e monti”, un mix di conoscenze, di pensieri, di diverse materie studiate e di esperienze. Questa per me è stata una grande ricchezza, ma capisco che possa non essere così per tutti. Le esperienze all’estero e lo studio delle lingue (6 mesi in Spagna e due mesi in Germania) mi hanno aperto la mente e l’esperienza di Fridays For Future mi ha accompagnato dal terzo anno di triennale fino ad oggi. Non è facile mettere insieme studio, attivismo e lavoro part-time, per cui a volte il rendimento universitario non ha eccelso, ma sono uscito con un risultato più che dignitoso in triennale. Se guardo il Giacomo di quattro anni fa e quello di oggi, sono molto contento del percorso fatto e un grosso contributo lo devo riconoscere al SID e alle persone ed esperienze che ho avuto in questi anni.